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Trento, 28 maggio 2009
Anche gli Enti pubblici trentini hanno fatto ricorso
a strumenti derivati per autofinanziarsi?

Interrogazione a risposta scritta presentata da Roberto Bombarda
consigliere provinciale dei Verdi e Democratici del Trentino

“Negli ultimi anni, il ricorso a strumenti derivati da parte degli enti locali - in particolare, swap sui tassi di interesse e strumenti strutturati - ha raggiunto livelli significativi. Secondo fonti ufficiali, gli enti locali hanno un’esposizione da strumenti derivati verso istituti di credito per circa 40 miliardi di euro, pari al 36 per cento dello stock di debito totale. Operazioni sugli strumenti derivati sono state effettuate da 18 Regioni (90 per cento), 58 province (54 per cento), 54 capoluoghi di provincia (50 per cento) e circa 700 comuni (8,6 per cento). Tuttavia, l’incompletezza dei dati ufficiali fa ritenere che la diffusione possa essere molto maggiore, soprattutto fra i comuni di piccole e medie dimensioni: sulla base di indagini campionarie effettuate in alcune Regioni, si può ritenere che i comuni di piccole dimensioni coinvolti siano almeno 3mila. Le perdite, derivanti dall’andamento dei tassi di interesse, sono stimate in circa 6-8 miliardi di euro. L’elevato rischio per gli enti locali ha portato, nella legge Finanziaria per il 2009, al divieto di stipulare nuove operazioni, fino all’entrata in vigore di un Regolamento da emanare a cura del ministero dell’Economia e comunque per il periodo di un anno.

La possibilità per gli enti locali di sottoscrivere strumenti derivati era stati introdotta dalla legge Finanziaria per il 2002, per favorire operazioni di ristrutturazione del debito, volte a ridurne il costo. Da allora, l’uso di strumenti derivati si è esteso non solo agli swap sui tassi di interesse, ma anche a diverse forme di opzione sul debito (cap, floor, collar) che hanno la finalità di porre tetti inferiori o superiori al costo del debito), fino a operazioni più strutturate e azzardate, i cosiddetti credit default swap. Cosa ha determinato l’attuale situazione di difficoltà? In primo luogo, le amministrazioni pubbliche non sempre dispongono di professionalità adeguate per effettuare operazioni finanziarie sofisticate; la valutazione della strutturazione di un’operazione, il calcolo del marking to market dello swap, l’analisi delle clausole contrattuali, degli eventuali costi impliciti e dei rischi associati richiede competenze difficilmente presenti all’interno degli enti locali. Inoltre, i funzionari pubblici tendono a ritenere che l’operazione si esaurisca con la firma del contratto, trascurando l’importanza di un monitoraggio continuo dell’andamento dei tassi e le opportunità di rinegoziazione delle operazioni stesse. Considerato che lo swap è un contratto a somma zero, cioè la perdita di un contraente è compensata dal guadagno dell’altro, nel rapporto con gli istituti di credito un’amministrazione pubblica si trova in una posizione di svantaggio. 

A fronte di queste difficoltà, gli enti locali tendono a rivolgersi a un advisor, tipicamente un intermediario finanziario. Questo fenomeno amplifica i rischi dell’operazione, in quanto spesso l’advisor assume direttamente oppure, più spesso, attraverso un istituto controllato anche la posizione di controparte con cui l’ente stipula il contratto, generando così una situazione pericolosa di conflitto di interessi. Negli enti locali si è riscontrata un’eccessiva fiducia verso gli istituti di credito, alcuni dei quali hanno adottato comportamenti opportunistici, sfruttando a proprio vantaggio l'asimmetria di competenze.”

Fin qui la segnalazione che traggo – e riporto integralmente – dal sito Lavoce.info, che prosegue poi illustrando il “caso Milano”, vale a dire la situazione di quel comune che “…in soli quattro anni, ha accumulato una minusvalenza (mark to market) di circa 300 milioni di euro e i costi impliciti dell’operazione, ossia i margini di remunerazione “illegittima” per gli istituti controparte, oscillano tra i 73 e gli 88 milioni di euro”.

Tanto premesso,

 si interroga il Presidente della Giunta provinciale

– per sapere se ed eventualmente in che misura, l’Amministrazione provinciale, Enti funzionali o a capitale pubblico ed Enti locali della provincia di Trento abbiano fatto ricorso a strumenti derivati per ristrutturare il debito eventuale e, nei casi di risposta affermativa, quale sia l’entità delle perdite.

Cons. Roberto Bombarda

     

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